Il B/W espressionista di Joseph Ruttenberg

Inauguriamo IMAGEMAKING, nuova sezione di SHOT PRESS, con il significativo lavoro di J. Ruttenberg, DoP di “Somebody up there likes me” – regia R. Wise 1956.


La fotografia espressionista è un codice visivo molto rigoroso, che perfettamente si sposa con il cinema tedesco degli anni ’20.  Geometrie pronunciate, razionalismo estetico e movimenti didascalici hanno avuto il loro momento più alto nel futurista “Metropolis” di F. Lang, con ben tre Dop all’opera (Karl Freund, Günther Rittau e Walter Ruttmann).

Anche se le immagini espressioniste hanno una ricorsività teatrale, che può  suscitare nello smaliziato spettatore del 2010 niente di più che una affascinante semplicità che poco, forse, emoziona, i pronunciati contrasti che sottolineano i movimenti  etici del racconto restano di fatto i primi accorati contributi stilistici dei  DoP  nella storia del cinema. Stiamo parlando di rapporto di contrasto.  Il contrasto fra luce e ombra,  fra neri e bianchi e, quindi, su un piano prettamente testuale, fra bene e male. Rapporto di contrasto, appunto.

La fotografia B/W si è sviluppata tutta sul rapporto tonale dell’immagine. La restituzione della realtà in una scala di grigi rende il lavoro del DoP molto più difficile di quello che si possa credere, perché il rapporto di contrasto restituisce solo una dimensione dei colori: il rendimento luminoso. E tutto il film di R. Wise è un rapporto di contrasto. Letteralmente – Rocky che a suon di cazzotti diventa campione del mondo – e metaforicamente fra opposte ideologie, fazioni, modi di vedere e sentire la vita – il contrasto fra padre e figlio, il contrasto fra regole e libertà, il contrasto fra amore e sacrificio.

J. Ruttunberg su questo braciere incandescente, disegna un cammino luminoso assolutamente ‘muscoloso’. Forti neri e forti bianchi squarciano la pellicola in profondità. Angolazioni di macchina virtuose e ficcatamente distorte negli interni casalinghi, ogni volta che Rocky litiga con il padre. Oppure i dolci riflessi sul volto della Pierangeli, come nella scena sotto la pioggia quando Rocky la accompagna a casa. Stiamo insistendo sul concetto del rapporto di contrasto. L’interno della scena della commissione atletica che revoca la licenza a Rocky, è un archetipo degli interni americani effettati con la veneziana sullo sfondo (…chissà  J. Bailey DoP di America Gigolò quante volte lo avrà visto…anche se Bailey ha pubblicamente dichiarato di essersi ispirato agli interni de “Il conformista”, Dop V. Storaro).

Notevole il lavoro, poi, sul ring. “Raging Bull” di M. Scorsese, Dop M. Chapman, sono un dichiarato omaggio al film di R. Wise. L’indistinto e iconografico nero dello  sfondo è l’unica luce possibile sul background  per rendere i corpi ancora più lucidi, emaciati, sofferenti e  sofferti. Alle  macchie di luce che cadono dall’alto si aggiungono i lampi al magnesio dei flash fotografici, che ogni volta stordiscono lo spettatore quanto e più i diretti  di Rocky su i suoi avversari.  Bello anche il trittico del montaggio in alternato durante la sfida per il campionato del mondo. Il ring, l’interno notte casa Rocky, l’interno notte casa genitori Rocky. Del ring abbiamo già detto. L’interno casa Rocky è soft light; un leggero taglio e una diffusa riempiono la stanza in un rendimento luminoso medium grey scale. Infatti, qui, il rapporto di contrasto è appena accennato, siamo sull’ordine di un 2 : 1 – leggasi due a uno.

L’interno casa dei genitori, invece,  è fortemente contrastato. Inquadratura dal basso,  ombre lunghe sullo sfondo e, contrasto nel contrasto, la madre seduta sulla poltrona in luce, mente il padre in ombra  sulla sedia accanto alla radio. Qui fra il punto più buio della scena e il punto più luminoso passano  4 stop di differenza.  Stiamo parlando di un rapporto di contrasto  16 : 1, fortemente espressionista.

Come marcatamente espressioniste restano le scene della corsa notturna di Rocky con il ponte di Brooklyn sullo sfondo che termina con un close up in pieno taglio a 90°, la scena della lite con il padre, con il volto di Rocky sempre in luce e il volto del padre sempre in ombra, e la scena della cella, con le minacciose ombre delle grate che ingabbiano Rocky. Con questo film J. Ruttenberg vinse l’Oscar quale Best Cinematography (in tutto, nella sua carriera, ne ha vinti ben quattro; unico DoP insieme a Leon Shamroy).

Alessandro