MIA MADRE – DoP ARNALDO CATINARI

Dire che Mia madre è un film di Nanni Moretti è un’affermazione che ha in sè la definizione di uno stile visivo. Sin dai primi lavori, Moretti sembra puntare su un registro rigoroso, in cui la macchina da presa propone una misura prevalentemente antropomorfa e dove raramante concede un uso della luce a carattere interpretativo. E cosi Arnaldo Catinari, con cui Nanni Moretti ha già condivso l’esperienza de Il caimano, affianca l’autore impostando un lavoro in sottrazione.

In Mia madre, la protagonista Margherita (Margherita Buy) è una regista impegnata nelle riprese di un film e, contemporaneamente, assorbita dalla dolorosa e malinconica esperienza della fine della vita di sua madre. Nello svolgimento si interpolano tre piani narrativi: la vicenda reale; il back stage del film che la protagonista sta girando; i sogni e l’immaginazione di Margherita.

Una cosa che ci sembra rilevante è che la distinzione di queste tre parti non è sostenuta dalla fotografia; anche nelle parti oniriche lo stile visivo non si discosta da quello in cui viene rappresentata la realtà.

Come chi lo ha preceduto – Pino Pinori in Ecce bombo, Franco Di Giacomo in Sogni d’oro e La messa è finita, Luciano Tovoli in Bianca, Beppe Lanci in Palombella rossa, Caro diario, Aprile, La stanza del figlio e Alessandro Pesci in Habemus Papa – anche Catinari propone quindi uno stile di chiaro impianto realistico senza però rinunciare, soprattutto in alcuni interni notturni, ad avvolgere la Buy in una luce calda e malinconica ma non per questo artificiosamente seducente nè meno reale.

SDL